All’incirca duemila anni or sono, Nostro Signore Gesù Cristo ha detto a quelli che erano con Lui: «Vegliate e pregate». Oggi vi dico la stessa cosa: «Vegliate e pregate, il tempo del raccolto è vicino».
(Per spiegare Tessalonicesi V, 2). Un melo in un frutteto ha delle mele: alcune sono più mature, altre verdi, altre guaste. Quelle che sono più mature dovrebbero restare e le cattive andarsene. Ma no, le più mature (voglio dire gli spiriti che sono di sentimenti più religiosi) si dicono: «Noi ce ne andiamo e lasciamo gli altri». Poi sopraggiunge un vento. Credete voi che venga per caso? No. Era necessario. Esso fa cadere alcune mele per terra. Infine giunge il proprietario e cosa raccoglie? Le mele mature, poiché è detto: «Nessuno conosce la sua ora». Vegliate e pregate. E ciò deve essere detto tre volte, perché bisogna vegliare sulla propria anima, sul proprio spirito e sul proprio corpo.
È detto che il Cristo verrà come un ladro. Sull’albero tutte le mele si credono buone ma le prime mature si sacrificano per le altre, perché sono della famiglia del proprietario.
Quando il nero cerca di impadronirsi di voi, bisogna fare degli sforzi per vincerlo, perché il nero non è altro che l’orgoglio, la pigrizia e la cattiveria (6.9.1900).
Sono l’orgoglio o la pigrizia, la grande indulgenza verso noi stessi, che ci impediscono di agire bene. Faremmo pure una cosa, ma siamo stanchi, lo faremo domani. Durante questo tempo, il male prende possesso dei nostri organi, diventa nostro padrone e scaccia il bene. Per questo Gesù ha detto: «Vegliate e pregate, affinché il demonio non entri in voi» (3.6.1897).
Quando l’uomo vede gli ostacoli moltiplicarsi intorno a sé, vuol dire che è abbandonato a se stesso. Ma che preghi, e troverà la forza e la consolazione nella preghiera. Dio non abbandona mai i suoi figli, chiede soltanto che facciamo degli sforzi per diventare migliori, e persino non abbandona chi rifiuta di diventare migliore.
Le preghiere degli uomini vengono ascoltate e oltrepassano la materia da quando il Verbo s’è fatto carne (27.9.1901), perché il Cristo è venuto affinché potessimo rivolgerci al Padre (5.3.1902).
Pregare, non vuol dire pronunciare molte parole, ma annullarsi con tutti i sensi in Dio. Bisogna prima raccogliersi in modo che tutto il vostro essere, tutto il vostro spirito, preghi con voi e lo sappia. Bisogna che la scintilla divina preghi in noi.
Bisogna pregare per imparare a pregare. Si insegna a un bambino la sua preghiera; quando è diventato vecchio, si ricorderà ancora di quella preghiera che i suoi genitori gli hanno insegnato a due o tre anni, ed è forse la sola cosa della sua prima età di cui si ricorderà. E quella preghiera, ogni volta che il bambino la reciterà, sarà contata ai suoi genitori (13.12.1894).
Il primo venuto che recita dei Pater Noster è ancora nella via, perché mostra un gesto d’umiltà alla materia, umiltà necessaria perché la nostra preghiera venga ascoltata.
Bisogna chiedere prima a Dio, poi al proprio angelo custode.
Non rivolgetevi ad uno spirito, rivolgetevi a Dio.
Pregate Dio. Poco importa se un antico apostolo o un santo che si trova dall’altra parte vi aiuta a far pervenire la vostra preghiera, voi non dovete occuparvene (21.4.1903).
La sola preghiera non può salvare, ma essa dà modo al nostro angelo custode di condurci. È necessario pregare spesso, prima di dormire, al risveglio, e infine elevare continuamente la nostra anima verso Dio (23.2.1895).
Più si procede, più si è fragili e più bisogna pregare, perché gli attacchi del nemico sono più numerosi.
È utile pregare, non per alleviare le proprie pene, le sofferenze, ma per domandare la forza, il coraggio. La nostra preghiera non viene sempre ascoltata, e per fortuna, perché se Dio ascoltasse le nostre preghiere, spesso esse L’offenderebbero.
Ma è utile pregare perché ci mantiene allenati. Smettere di pregare, vuol dire non poter più pregare un giorno.
Preghiamo dal profondo del cuore, perché vi sono in noi degli esseri insaziabili che si abbeverano della preghiera (5. 5.1902).
Se dal profondo del cuore parte una preghiera, degli esseri la sentono. È per essi il Sole, per tutto l’organismo. Se un cattivo pensiero ci impedisce di pregare, è per quegli esseri uno scandalo (11.2.1902).
La preghiera eleva l’anima e bisogna pregare non soltanto per noi, ma per coloro che non possono pregare, per quelli che sono nelle tenebre (21.11.1894).
Bisogna pregare per quelli che non sanno o non possono farlo. Non è affatto necessario pregare per i morti lasciamoli là dove stanno e restiamo dove siamo noi. Vi affermo che chiedendo per quelli che non possono farlo, chiedendo di sopportare le loro pene, voi date ad essi così l’esempio per sopportare a loro volta quelle dei propri fratelli. È il solo mezzo per entrare in Cielo (20.9.1894).
L’orazione del Pater, che ci viene dal Cielo attraverso il Figlio, non può essere pronunciata senza che colui che la dice dal profondo del cuore sia unito nell’intenzione con Nostro Signore. Essa è stata data per alcuni esseri, quelli ai quali veniva parlato, e per incoraggiarli. Essa è tuttora la preghiera della maggioranza, e ciò perché vi sono intorno agli uomini degli esseri che non vediamo, che sono lì e che quella parola fa riflettere. Sono quelli che ci inducono in tentazione. Nel momento in cui preghiamo e pronunciamo quella frase, essi, che ci tormentavano come noi molesteremmo un bambino, si riprendono e si dicono: «Perché mai dovremmo divertirci a far del male a questo piccolo?». Ma il vero soldato, che vuole andare avanti, non dice: «Non ci indurre in tentazione». In effetti non sono mai state pronunciate quelle parole, ma queste: «Non ci lasciar soccombere alla tentazione». Dio non può essere l’autore delle nostre tentazioni, ma Egli permette che Satana ci tenti, affinché riconosciamo che non siamo nulla senza di Lui. La tentazione alla quale resistiamo è il nostro miglior mezzo di lavoro.
La preghiera è inutile se è mal fatta. Colui che ci ha messi sulla Terra sa cosa ci occorre, e non bisogna domandargli aiuto che quando non ne possiamo più, mentre invece gli domandiamo aiuto, sempre aiuto, anche quando non manchiamo assolutamente di nulla.
Che fate quando pregate? Chiedete di non avere tribolazioni, di avere tutto ciò di cui avete bisogno. Ebbene! Permettetemi di dirvi che io definisco pigrizia queste preghiere e la pigrizia non entra nel Cielo (3.7.1894).
Ciò che le persone desiderano non è sempre quel che va bene per esse. Si dice: «Sia fatta la Tua volontà», ma si pensa “Prima la mia”!
Pregando non bisogna chiedere l’alleggerimento delle proprie sofferenze che quando il fardello che ci è stato affidato sembra troppo pesante (20.9.1894).
Se diciamo: «Dio mio, ho tante pene, accordami la calma e la tranquillità», ci verrà dato del coraggio, le pene saranno un po’ lenite; ma siamo obbligati a passare di là, perché sulla Terra la felicità non esiste, al contrario bisogna lottare, lottare senza posa per poter crescere (4.6.1896).
È nelle grandi avversità, quando ci crediamo perduti, che ci vengono dei grandi aiuti; non bisogna mai disperare, ma lottare con coraggio e rassegnazione per superare i piccoli ostacoli, perché ce ne verranno di più grandi, ma allora saranno per noi meno penosi, perché avremo più luce e andandocene molta più forza (4.2.1895). Il motivo per cui Dio non sente la preghiera di tutti quelli che pregano, non è che Egli sia lontano da essi, ma che essi sono lontani da Lui, poiché Egli è ovunque.
Pregate, ma quando pregate abbiate cura di scacciare lontano da voi il rancore, e quando dite: «Rimetti a noi le offese come noi le rimettiamo», rientrate in voi stessi non volendone a nessuno, poiché quelli che voi non vedete, ma che sono incaricati di trasmettere la vostra preghiera, sarebbero scandalizzati. Lavatevi le mani prima di pregare, non con l’acqua e sapone, ma lavatevele di tutte le impurità, e allora la vostra preghiera sarà esaudita, e se essa non lo sarà completamente, Dio, che sa quello che vi occorre, vi darà dell’altro in sovrappiù (27.12.1893).
È difficile pregare bene, per questo non si è sempre esauditi. Per essere esauditi occorre: amare i propri genitori; essere schiavi del Padre e sottomettersi alla Sua volontà; sapere che siamo tutti del Padre, che non siamo affatto nati dalla carne, né dalla volontà dell’uomo, ma che è Dio che ci ha mandati; amare il prossimo più di se stessi; non giudicare il proprio fratello (14.11.1900).
Bisogna anche aver cura di migliorare in noi tutto ciò che siamo capaci di riversare sui nostri fratelli. Soltanto allora il Cielo ascolterà la nostra voce.
Affinché Dio possa ascoltare la tua preghiera, non essere te stesso, non essere orgoglioso, sii il servo dei servi. Se pensiamo qualche volta a queste parole, pur non mettendole in pratica, all’ora della morte vedremo qualcuno che ci guiderà, e saremo molto contenti (3.12.1896).
Se restaste soltanto una mezza giornata senza avere cattivi pensieri, cattive parole, senza parlare degli assenti, senza giudicare nessuno, la preghiera che fareste dopo verrebbe ascoltata dal Cielo. Ho detto spesso: «È meglio non pregare che pregare male», perché se voi pregate dopo aver fatto del male a qualcuno e dite: «Io amo il mio prossimo», dite una menzogna, e le menzogne sono formalmente proibite dalla legge del Cielo. Ma pregate, anche se non sarete ascoltati, anche se vi siete appena lasciati andare, o avete commesso un altro peccato, perché con la preghiera migliorate il male che avete appena fatto. Tutti i vostri cattivi pensieri, tutte le vostre parole inutili, saranno altrettanti ostacoli che troverete un giorno sulla via del Cielo (14.4.1903).
Perché la preghiera sia intesa, deve partire dal fondo del cuore. Per questo dobbiamo aver sofferto, perché la sofferenza eleva l’anima. Non bisogna evitare il dolore, ma sottomettersi alla volontà di Colui che ci manda e amare il nostro prossimo (3.1.1895 6.3.1902). |