Il lavoro redentore
Quando Dio ha messo l’uomo sulla Terra, gli ha detto: «Va’ e lavora, il progresso è all’infinito» (24.1.1896).
Siamo sulla Terra per lavorare ed essere lavorati dai problemi, dalle avversità. Occorre che lasciamo sulla Terra l’orgoglio, l’invidia e l’egoismo (5.12.1902).
Dio ci ha dato un regno che è tutto nostro. Noi dunque lavoriamo per noi stessi, anche se è per Lui.
Se fate per Iddio lavoro per un soldo, siete pagati il triplo perché, primo, il lavoro vi resta acquisito secondo, vi viene pagato doppio, due soldi se ne vale uno. Il Cielo fa un passo verso di voi quando ne fate uno verso di Lui.
Partiti l’uno dopo l’altro per il lavoro, arriveremo tutti nello stesso tempo alla meta.
L’utilità dell’azione
Non ci domanderanno ciò che abbiamo creduto, ci domanderanno ciò che abbiamo fatto.
Dio vuole che Lo si ringrazi con degli atti (26.5.1897).
Ogni lavoro è utile su un certo piano.
Lavoriamo più qui che dall’altra parte.
Per un giorno in cui evitiamo di lavorare, possiamo perdere venti anni nell’avvenire.
Sviluppando la nostra attività, acquistiamo delle conoscenze. Non è che possiamo respingere la prova che si presenta, ciò non ci è permesso, ma possiamo modificarla. Essa si presenterà a noi altrimenti, può darsi più forte, ma avremo acquistato forza anche noi.
Vi sono molte cose da fare e poche cose da sapere.
Ciò che si presenta da fare, è esattamente ciò che bisogna fare (1898).
Aiutati che il Ciel t’aiuta. Aiutarsi, è fare ciò che vi è da fare.
Bisogna fare ogni cosa nei miglior modo possibile, completamente.
Bisogna camminare senza guardare indietro, agire anche quando si è persuasi che si fallirà o che si fa qualcosa di inutile (12.9.1893).
Grazie al ricercatore che avrà molto lavorato per scoprire qualcosa e che non vi è riuscito, un’altra persona troverà molto in fretta, senza aver troppo cercato (8.3.1896).
La lotta contro la pigrizia
L’unica strada per arrivare alla meta è di amare il nostro prossimo come noi stessi. Se non possiamo farlo, è perché non abbiamo ancora lavorato abbastanza. Utilizzate le vostre forze e non siate pigri, altrimenti le forze che Dio vi ha dato vi saranno tolte. Se indietreggiate, vi sarà doppiamente difficile avanzare, e tutti i vostri sforzi, per molto tempo, resteranno sterili (13.12.1894).
Quello che io so, ciò che affermo, è che non bisogna essere pigri. Per andare in Cielo non vi è che il lavoro e, poiché nessuno ne cerca, occorre proprio che il Cielo ci costringa a lavorare. Bisogna soffrire, bisogna che Esso invii delle pene, poiché nessuno ne chiede (14.11.1894).
Non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Se vuoi essere nella gioia cerca il dolore e, se vuoi la pace, cerca la lotta, poiché non entrerai in Cielo se non sei vittorioso in tutto. La Terra è un luogo di epurazione e non di espiazione. Se vuoi il riposo cerca il lavoro, e più tardi il lavoro ti sarà un riposo (28.3.1897).
Pigri sono coloro che lavorano ad acquisire la fortuna per vivere in seguito senza far nulla.
L’ispirazione nella professione
Quale che sia il mestiere che esercitiamo, ci viene spesso un pensiero che ci è ispirato nell’interesse del nostro lavoro, sia per farlo più rapidamente, sia per eseguirlo in maniera più perfetta.
Ciò prova che se facciamo degli sforzi, Dio ci viene in aiuto con ogni genere di mezzi. Ma non ce ne rendiamo conto e ci attribuiamo le opere della Provvidenza come se avessimo fatto ,tutto noi stessi, quando non siamo che degli esecutori. È l’orgoglio che fa sì che ci attribuiamo ciò che non ci appartiene.
Lo zelo senza limiti
Siamo tutti bugiardi, perché diciamo di fare tutto ciò che possiamo e non è vero. Se noi non facciamo più di quanto possiamo, non acquisiremo mai delle forze.
Il vero merito consiste nel fare più di quanto si può.
Se riconoscete di aver lavorato bene nel corso della giornata, è una prova che avreste potuto far meglio (15.11.1897).
Padroni e operai ‑ Doveri reciproci
Bisogna lavorare anche per arricchire i propri padroni, dal momento che siamo pagati per fare un lavoro, dobbiamo farlo coscienziosamente (24.5.1903).
Un uomo lavora per il suo padrone. Durante la sua assenza si diverte. Quest’uomo non sarà padrone che quando avrà fatto per il suo padrone, durante la sua assenza, di più che se fosse stato presente. Allora Dio lo renderà padrone. Senza di ciò, può essere padrone, ma non riuscirà, perché il momento non è venuto. Non potrebbe restare con gli altri padroni, non farebbe ancora parte della loro famiglia (14.11.1900).
Se non vi fossero padroni, non ci sarebbero operai. occorre che vi sia un capo, dei sottocapi e degli operai. Occorre lavorare per i propri padroni con tutte le forze.
Il dovere del capo degli operai è di aiutare l’operaio inabile e di pagare la perdita che questi causa, oppure di interessare i padroni al caso del povero inabile.
Il padrone deve pagare l’operaio che arriva in ritardo come quello che arriva in orario, con la speranza che l’operaio si vergogni e torni a migliori sentimenti (27.4.1903).
Un cattivo padrone è da compiangere, perché verrà il momento in cui, non soltanto non sarà più padrone, ma non ci sarà più lavoro per lui (26.2.1902). |