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Vita e parole di Maitre Philippe Il Vangelo di Maitre Philippe

Lamor proprio

Finché direte: tu sei tu, ma io sono io, avrete della strada da fare (27.11.1900).
Bisogna mettere l’amor proprio sotto i piedi; quelli dei quali non si è riso non possono andare in Cielo (1901).
Più abbiamo amor proprio, più soffriamo, perché l’amor proprio non è altro che l’orgoglio (9.6.1895).

Lorgoglio

L’orgoglio consiste nell’accrescere se stessi, nel credersi più in alto del proprio fratello, nel guardarlo dall’alto in basso, come si dice volgarmente; eppure non abbiamo forse tutti lo stesso padre, che è Dio, non siamo tutti suoi figli? Dio è giusto, Egli ci ha creati tutti uguali. E non è detto nel Vangelo: «I primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi?» (1895).
Noi siamo nella dimora dell’orgoglio e non dobbiamo ingannare il portiere per poterne uscire; siamo noi che vi ci siamo smarriti.
L’uomo è pieno d’orgoglio, lascia crescere l’orgoglio. Egli è come un albero, i cui rami si seccano e cadono e si mischiano con i rami sani, e l’insieme s’ispessisce e si secca sempre di più, diventa confuso, e la luce non può più passare attraverso e non resta che l’orgoglio (14.11.1900).
L’orgoglio è l’uomo stesso. Esso è dappertutto nell’organismo, non possiamo sbarazzarcene, perché dovremmo cambiarci interamente; così il Cielo non ci chiede che di fare degli sforzi e di amare il nostro prossimo (6.3.1902).
Amare il proprio prossimo non è così difficile: basterebbe fare degli sforzi veri per volerlo; sono gli sforzi che mancano, e ciò che li paralizza è l’orgoglio (26.12.1893).
L’orgoglio è la sorgente di tutti i nostri mali; esso ci obbliga a pensare a noi prima di pensare ai nostri fratelli. È ciò che si chiama ego,ilnostro ego. Ora, se vogliamo andare in Cielo, siamo obbligati a lasciare il nostro ego. In effetti, nostro fratello non è forse più di noi? Se abbiamo qualcosa che piace a nostro fratello, o se egli non ha nulla, dobbiamo dargliela. Che sia nostro fratello o che siamo noi a possedere, non è la stessa cosa? Bisogna dare a chi chiede. Quando penseremo al nostro fratello prima di pensare a noi, saremo sulla via del Cielo (1895).
Non siamo ancora che allo stato embrionale, per questo non dobbiamo essere così vanitosi (17.5.1897).
Non ci si deve inorgoglire di nulla. Quando si vive nell’orgoglio, si progredisce poco, qualunque cosa si faccia si cammina su una linea orizzontale o discendente.
L’egoismo è la radice di tutti i vizi, l’orgoglio ne è un ramo. Quando l’orgoglio aumenta, viene un momento in cui l’individuo diventa stupido (18.2.1902).
Si sale e si scende, cioè si è trascinati dall’orgoglio, che può crescere, renderci molto duri e farci cadere molto in basso, se Dio non ci ferma (27.12.1894).
Se siete molto orgogliosi, i vostri angeli custodi si allontanano da voi: siete abbastanza forti per fare a meno di loro (19.1.1897).
Il Cielo ci lascia in balìa di noi stessi, se crediamo nella nostra forza, e l’orgoglio uccide (11.2.1902).
L’orgoglio diminuisce quando si diminuisce nel mondo, cresce quando si cresce; da qui la necessità di scendere per gli orgogliosi e il pericolo dell’orgoglio per quelli che crescono. Non bisogna mai dire: «Non peccherò più».
Vi sono esseri i quali, dopo aver servito Dio a lungo, aver meritato di divenire capi di una grande armata, sono invasi dall’orgoglio, diventano traditori, cambiano padrone e combattono Dio. Ma essi verranno ripresi un giorno. Il loro potere è grande, ma non assoluto. Ignorano cos’è l’anima.
Coloro ai quali è stato detto cos’è l’anima non disertano più.
Per arrivare a combattere l’orgoglio che è in noi, occorre che riusciamo ad abbandonare, dimenticare il nostro ego, che la parola “io” sia soppressa. La parola “io” ci ritarda, ci impedisce di fare il bene, perché noi diciamo così: “Se io do tutto ciò che ho, che farò dopo, “io”? Darei volentieri questo, ma non tutto quello che ho» (19.11.1894).
Possiamo tutti diventare figli del Cielo, per questo il Cielo richiede da noi che mettiamo il nostro orgoglio sotto i piedi. Chi possiede la carità non ha orgoglio (30.11.1893).

Il Maestro col suo bastone disegnò un cerchio sulla terra e disse: «Vedi questo cerchio? Ebbene! Renditi conto che tu non sei che quel granello di sabbia sul bordo del cerchio. Per riuscire, bisogna conquistare tutto il cerchio, al fine di giungere a possedere il centro. Tu vorresti arrivare al centro senza passare attraverso la prova della conquista. Te lo ripeto, ama il prossimo tuo come te stesso; non si tratta soltanto di sradicare l’orgoglio, bisogna in più fare ogni sforzo per tramutarlo in umiltà».
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