La conoscenza di sé
Per vedere in se stessi, bisogna attendere di avere degli occhi e che l’intendimento venga (18.2.1902).
Per conoscerci, guardiamo ciò di cui accusiamo il nostro prossimo (1901).
La responsabilità
Ogni atto meritorio viene, come il resto, impresso sulla nostra fronte, e nessuno ha il diritto di giudicarci poiché Dio stesso non giudica. Siamo noi stessi che ci giudicheremo (26.2.1894).
Abbiamo un custode che registra tutti i nostri pensieri, tutte le nostre azioni. Tutto viene scritto, e al momento della morte, leggiamo tutto ciò che abbiamo fatto (8.11.1894).
Siamo sempre responsabili, perché dobbiamo sempre riflettere prima di compiere un atto. In noi la riflessione deve crescere come la saggezza.
Quando uno spirito è unito al corpo, tutti e due sono consenzienti agli atti commessi dall’individuo.
Quando tagliate qualcosa da un corpo, persino l’attrezzo che vi è servito è responsabile e punito come tale. Un monello che, passando, si diverte con il suo bastone a rompere dei fiori, non soltanto è reprensibile lui stesso, ma verrà giudicato anche il suo bastone. Bisogna rispettare le opere di Dio. Così, un proprietario il cui terreno fosse ombreggiato dall’albero di un vicino, non deve far tagliare quell’albero, poiché il Sole che non viene in quel luogo, compie la sua opera benefica più lontano (13.1.1897).
Il Cielo non ammette né l’ignoranza, né le circostanze attenuanti siamo lasciati a noi stessi. Se ci crediamo forti siamo trattati come tali ci danno da fare il lavoro di un forte. Se al contrario sentiamo la nostra debolezza, il Cielo ha pietà di noi, non ci opprime e ci aiuta persino. Ma occorre che quel sentimento di debolezza sia veramente nel profondo del nostro cuore.
Quando una cattiva azione è stata commessa e non neutralizzata immediatamente tra vivi, non passano sette generazioni prima che il colpevole non ritorni ad annullare la sua cattiva azione in una nuova incarnazione.
La buona volontà
Nel mondo, chi viene dopo l’ora non ha nulla. Dio tiene conto della buona volontà, e per questo dà all’ultimo come al primo, poiché è imparziale (21.5.1901).
L’intenzione
Solo le intenzioni contano chi dà Per essere ringraziato o complimentato ha già ricevuto la sua ricompensa.
Il bene non può ridiventare il male nel senso reale ma può a volte, nei fatti materiali, avere l’apparenza del male (19.2.1894).
È l’intenzione che fa il male o il bene. Non vi assillate su questo, sareste ancora più responsabili (21.4.1903).
Se fate il male credendo di far bene, siete giudicati meno severamente che se fate il male sapendolo.
Se a volte vi faccio un rimprovero alla presenza di persone, siate persuasi che nel momento del giudizio, perché nessuno è stato ancora giudicato, non vi sarà ripetuto (21.11.1894).
La tentazione
Non fuggite le tentazioni, altrimenti esse si accumulano in un dato luogo e un giorno ci opprimeranno tanto più quanto non siamo esercitati a respingerle.
La tentazione si presenta tre volte. Possiamo resistere una prima volta essa si ripresenta di nuovo, poi una terza volta, più forte delle due precedenti, e se resistiamo quest’ultima volta, essa non si ripresenterà più, è finita.
Non veniamo messi alla prova che secondo le nostre forze, vale a dire secondo quanto possiamo sopportare (12.9.1894).
Il demonio si serve di tutti i mezzi per tenerci dalla sua parte, cioè nella sua dimora. Si serve degli esseri invisibili come degli esseri visibili. Se qualcuno viene a trovarci, spesso senza sapere perché, noi gli raccontiamo le nostre pene e questa persona ci dà un mezzo per liberarci dai nostri problemi, facendo un torto a nostro fratello,o anche al nostro nemico. Questa persona ci dà un cattivo consiglio, è nella dimora del demonio, è lui che l’ha mandata per tentarci.
Ogni essere ha, per tentarlo, una entità proporzionata al suo grado d’avanzamento e, quando siamo ben corazzati, viene un demonio a dirci: «Vediamo un po’, a noi due, fai questo miracolo!». E voi rispondete: «No, non posso farlo ”. Perché, quale che sia la forza che avete, non dovete fare nulla per i curiosi. Allora egli vi risponde: “ Ebbene! Io ti darò il modo di farlo, se vuoi ”. E vi prova che può farlo. Ecco la grande tentazione che va crescendo, e alla quale bisogna resistere.
Il Cielo non terrà conto delle vostre tentazioni sarete giudicati per le vostre parole, i vostri atti e le vostre intenzioni (22.1.1902).
I giudizi umani
Le vie tracciate dalla Natura sono numerose e varie esse devono tutte venir seguite da esseri differenti i ruoli ingrati come i belli. Non giudicate dunque nessuno.
Se la creatura non è perfetta, è perché Dio l’ha voluta così.
È stato detto: «Tu non giudicherai il Signore tuo Maestro». Giudicare la creatura, è giudicare il Signore (18.2.1902).
Noi non conosciamo noi stessi, come vorremmo dunque giudicare gli altri?
Bisogna conoscere se stessi prima di provare a conoscere gli altri. Quando ci conosciamo non abbiamo più voglia di conoscere gli altri.
Non abbiamo il diritto di trattare qualcuno da pazzo (8.1.1895).
Se non giudicate gli altri, non rischiate di fare come loro. Se un giovane fa un passo falso e viene a chiedere il vostro aiuto e se voi lo giudicate e glielo rifiutate, sarà necessario che lo stesso errore venga commesso dai vostri nipoti. Ma se, pur conservando il vostro intimo pensiero di giudicarlo male, non ci fate caso e lo aiutate come un altro dei vostri fratelli, ve ne sarà tenuto conto come se soccorreste questo fratello senza giudicarlo.
Noi chiediamo di crescere e se crescendo non facciamo degli sforzi per scacciare il male che è in noi, cresce anch’esso ed è per questo che, se vediamo un grande colpevole e diciamo: «È un gran colpevole», lo giudichiamo e non andremo in Cielo che quando saremo passati di là, che avranno detto la stessa cosa di noi. Egli merita la pietà piuttosto che il biasimo (14.3.1895).
La maldicenza
Non bisogna essere maldicenti, vuol dire offendere Dio, poiché il prossimo ha in sé, come noi, una scintilla di Dio; al contrario, bisogna fare tutto il possibile per ricondurre sulla retta via quelli che sono in ritardo (28.1.1895).
A volte, quando ci troviamo in compagnia di certe persone, sentiamo qualcosa che ci avvolge, ci dà fastidio e ci opprime; ciò è dovuto spesso al fatto che quelle persone hanno appena detto male del loro prossimo, oppure hanno lasciato che altri lo dicessero in loro presenza senza prenderne le difese; da qui il senso di malessere.
Non bisogna mai scagliare la pietra contro nessuno, qualunque sia il motivo (18.6.1895).
Chi getta una pietra contro il prossimo la getta contro se stesso.
Sarebbe meglio prendere un pugnale piuttosto che servirsi della lingua per fare del male (20.3.1901).
Non possiamo dire male che quando la persona è presente, ma poiché non siamo abbastanza coraggiosi, non lo faremo (4.1.1895).
Le parole vanno verso coloro ai quali si riferiscono e agiscono su di essi. Il verbo umano ha quindi un grande potere. Ma allo stesso tempo, la vita delle parole tende a ritornare verso colui che le ha emesse e verso cui essa è attirata. Così una parola detta di qualcuno agisce su di lui e vi crea un legame con lui. Ciò dimostra come il concorso di due persone e degli intermediari e testimoni sia necessario per riparare al male che è stato fatto.
Quando diciamo ad esempio che un uomo è avaro, mettiamo il piede sulla sua strada.
Tutti gli esseri sono più o meno intelligenti, una persona che ha poca comprensione, parla male degli altri, è simile a un sordastro (22.11.1900).
Ci verrà reso tutto ciò che facciamo, capello per capello. Se pensate male del vostro prossimo, vi creerete un ostacolo, e, se esprimete i vostri pensieri a qualcuno, non farete che ingrandire l’ostacolo.
Siate un pozzo per le colpe degli altri.
Cominciate poco a poco a non parlare degli assenti, arriverà un momento in cui non ne avrete più l’occasione e in cui non giudicherete più nessuno, perché saprete che è un peccato (14.8.1903).
In verità vi dico: se fate degli sforzi per non dire male del vostro fratello, il Cielo non vi rifiuterà nulla.
L’indulgenza
L’indulgenza è un dono che Dio ha fatto all’anima. È una arma per combattere ma noi ce ne serviamo contro noi stessi, poiché non siamo indulgenti che per noi (10.5.1893).
Se comprendessimo bene che chi non porta il nostro nome è nostro fratello, saremmo meno cattivi e più indulgenti verso di lui (14.11.1894).
L’indulgenza è un sentimento che non si divide. Se l’abbiamo per noi, non possiamo averla per gli altri. Bisogna essere pieni di indulgenza per le colpe degli altri, e nient’affatto per noi (24.7.1903).
Per questo il Vangelo ci dice: «Voi vedete una pagliuzza nell’occhio di vostro fratello e non vedete una trave nel vostro occhio. Chi tratta da imbecille suo fratello è imbecille egli stesso, poiché, se non fosse imbecille, come saprebbe che suo fratello è un imbecille? Non dobbiamo mai giudicare se non vogliamo essere giudicati chi giudica sarà giudicato».
Se qualcuno dice male di voi e andate a lamentarvene da un amico, provate con ciò che avreste fatto assolutamente la stessa cosa, soltanto che ve ne è mancata l’occasione.
Se un amico viene a dirvi che il vostro vicino ha detto male di voi, invece di chiedergli: «Ah! Cosa ha detto?», il che è male, molto male, rispondete a quella persona: «Ebbene! Ditegli di venire a ripetermelo in vostra presenza» (8.11.1893).
L’attaccamento ai beni terreni
Quando il Padre ci ha mandati qui, Egli ha messo in noi il desiderio di possedere: è da lì che vengono i sette peccati capitali (21.1.1901).
Noi siamo nell’illusione che qualcosa ci appartenga, mentre nulla ci appartiene. Tutto appartiene a Dio. Perché dunque trattenere qualcosa per noi?
Nessuno è proprietario di niente; del resto la materia in sé non esiste. Non siamo nemmeno proprietari dei nostri abiti. Tutto ci è stato prestato (22.11.1900).
Voi prendete la ricchezza per un gran bene e spesso Dio non ce la manda che come prova (22.5.1902).
È scritto che i ricchi entreranno più difficilmente in Cielo di quanto un cammello possa passare per la cruna. Ciò è vero, ma occorre intendere ricco nel senso di avaro, di uomo che ama l’oro. Poiché è scritto anche: «Il cuore resta là dove è attaccato, chi ha un dio nell’oro non va nel regno di Dio».
Chi fa dell’oro il suo dio e s’inginocchia davanti alla sua cassaforte, commette un’infrazione al comandamento del Vecchio Testamento: Tu non adorerai che un solo Dio. Poiché questo comandamento non si riferisce agli idoli, né all’adorazione delle divinità pagane, significa che non si può amare Dio e l’oro allo stesso tempo. Là dove è il vostro cuore, resterete attaccati.
Il Vangelo ci dice: «Non attaccate il vostro cuore alla Terra». Ecco un piccolo paragone che può applicarsi a tutto: Un ricco proprietario ha delle terre immense, ha diversi fattori. Si reca presso quello che ha la fattoria più grande e che dà molto poco al proprietario. Ve ne sono altri che hanno molto meno terreno e che danno quasi altrettanto. Dal primo, il proprietario, trovandosi solo e vedendo delle belle pere, si dice: “Sono solo, ne prendo una”. La prende e la mangia. A partire da quel momento il suo cuore è legato alla terra, perché si è nascosto per prendere quella pera (3.1.1895).
«Felici i prodighi». Non nascondete le vostre ricchezze nei forzieri, ma servitevene per far vivere degli uomini, dei bambini, e se lo potete degli animali: cani, gatti, uccelli.
Quando i nostri genitori ci lasciano alla loro morte il godimento di una fortuna, possiamo disporne per farne profittare i nostri eredi. Ciò nonostante non dobbiamo frodare il fisco e se, ad esempio, passiamo di mano in mano, noi frodiamo il fisco. Coloro che ricevono la loro fortuna da un’altra famiglia, devono alla loro morte farne profittare un’altra famiglia (29. 1.1902).
Avete letto nelle Scritture queste parole: «Che colui che m’ama lasci suo padre, sua madre, le sue sorelle, e il marito sua moglie, per seguirmi». Avete capito che voleva dire questo? Non di rifugiarsi nei conventi per trascorrervi la vita (non è che io voglia dir male dei conventi, esistono, bisogna rispettarli), ma ad esempio: Un padre muore e lascia il suo patrimonio da dividere tra due fratelli; subito ognuno ne vorrà la metà. Ebbene! Se uno vuole avere più della sua parte, bisogna che l’altro gliela dia, ed anche di più, fino a che non abbia più nulla. Naturalmente la sua famiglia lo tratterà da insensato, in seguito i figli lo malediranno per averli spogliati; non fa nulla, è così che egli può seguirmi lasciando i suoi e, poiché tutto si ritrova, i beni dati verranno restituiti ai figli di colui che ne ha disposto (7.1.1893).
Ho molta fame, ecco un essere che non ha fame ma che ha voglia del mio pasto; devo darglielo. Non mi sarà riconoscente, ma cosa importa? Sarà un esempio per quell’anima, e ancora, come potrebbe quell’anima essere ingrata, poiché essa è un’emanazione di Dio? Può darsi che Dio non m’abbia dato quel pasto che perché io glielo dia. Allora, quando avremo annientato quella cupidigia, quell’ego che è in noi, e che saremo ben certi che siamo tutti solidali gli uni con gli altri, allora potremo andare in cielo, e là ci troveremo talmente bene che non vorremo restarci. A costo di prove ancora più dure di quella che abbiamo affrontato, vorremo avanzare ancora (maggio 1895).
L’invidia
Quando capita qualcosa di buono al vostro vicino, vorreste essere al suo posto. Non bisogna essere invidiosi, perché l’invidia non entra in Cielo (22.1.1894).
Quando gli spiriti sono invidiosi intorno a voi, vuol dire che voi stessi avete ancora l’invidia in voi.
La cleptomania
1 cleptomani sono degli individui le cui molecole hanno preso l’abitudine di rubare, poiché Dio vuole che si perseveri nel male come nel bene. Essi non hanno saputo resistere ai loro peccati, non hanno lottato per questo. È il Cielo che li fermerà, poiché il male non entra in Cielo.
La menzogna
Lo spirito può parlare al bugiardo e a chi non cerca la verità. Lo spirito gli dirà la verità, ma gli riuscirà impossibile comprenderla, poiché non comprenderà che menzogne. Non bisogna perciò mai mentire sotto qualsiasi forma. La menzogna impedisce in seguito di cogliere la verità. Chi dice di essere sincero è un bugiardo (23.4.1902).
Le promesse
Non promettete che ciò che potete mantenere.
Quando si è promesso qualcosa, bisogna farlo. Dire facendo la promessa: «Se il Cielo lo permette». Allora, se il Cielo non vuole che la cosa si faccia, si verifica un avvenimento, ma a parte ciò non vedo nulla che possa impedire di mantenere una promessa (ottobre 1904).
La collera
La collera degrada l’uomo, lo svilisce e lo pone al rango degli inferiori. Non vi degradate, altrimenti sarete insieme ad esseri degradati (10.6.1903).
Ciò che ci fa perdere la calma è l’orgoglio, perché crediamo che tutto ciò che diciamo sia vero, che soltanto noi siamo nel giusto. Se in questo mondo facciamo degli sforzi per controllare il nostro temperamento, facciamo bene: quando saremo con degli esseri che ci sono antipatici, come faremo per padroneggiarci? (29.1.1902).
Bisogna evitare di andare in collera, bisogna padroneggiarsi, perché vi sono degli esseri intorno a noi, che non vediamo, che ci giudicano (7.1.1903).
L’ubriachezza
L’ubriacarsi è un peccato di gola. Le persone che si danno al bere, agli alcolici, commettono un omicidio. Queste persone saranno punite come tali. Dio ci ha dato un corpo, dobbiamo averne cura e non deteriorarlo con la nostra golosità o qualunque altro difetto (20.7.1903).
L’ubriaco che non si corregge da solo e che discende poco a poco la scala sociale fino al grado dell’abbrutimento, crede, in quello stato, che il mondo gli appartenga, che è in diritto di fare tutto. Spesso malmena sua moglie e i suoi figli, se gli fanno dei rimproveri. Credetemi, ed è per questo difetto come per gli altri, che se quell’ubriaco non fa degli sforzi per correggersi, verrà un momento in cui Dio vi metterà ordine (27.11.1894).
La curiosità
La curiosità non è permessa se l’uomo getta l’occhio su qualcosa che non deve vedere, meglio sarebbe per lui che si strappasse gli occhi (4.2.1902).
Se vogliamo vedere, e udire, non facciamo vedere ai nostri occhi ciò che non devono vedere e udire alle nostre orecchie ciò che esse non devono udire (19.11.1894).
Chi tende l’orecchio per sentire quello che non lo riguarda, in una conversazione cerca di capire qualcosa per trarne vantaggio, chi tende l’orecchio dietro una porta per ascoltare ciò che viene detto, costui diventerà sordo. In verità vi dico, non conosco uomo al mondo che possa guarirlo. Sarà lo stesso per coloro che cercheranno di vedere ciò che non devono vedere (7.8.1900).
Non bisogna mai tentare di scavare, nella vita, nel passato o nel presente di qualcuno. Non bisogna mai cercare di vedere o sapere ciò che ci è nascosto, perché a questo gioco ci bruciamo gli occhi, attiriamo la sventura su di noi e sui nostri cari, e poi ci chiediamo cosa mai possiamo aver fatto per avere delle avversità.
La lotta contro i difetti
Di un difetto non ci si può disfare che subendone le conseguenze (26.4.1903).
Quando una persona sente in sé i sette peccati capitali e lotta contro tutti con ostinazione, in modo da riuscire a soffocarli, viene un momento in cui questa cattiva semente vuole assolutamente sollevare quella terra che la ricopre e la persona in questione riesce a vincere, sapete voi ciò che Dio dà come ricompensa? Ebbene, di passare per le stesse difficoltà come se la persona avesse commesso tutti quei peccati. «Ma allora, è per gli altri che essa sopporta?». «Sì».
Ombra e luce
Non bisogna fare nient’altro che ciò che può essere messo in piena luce.
Potete essere certi che quando in questa vita volete nascondere qualcosa ai vostri fratelli, questa cosa, dopo la morte, sarà la prima che i vostri fratelli sapranno. Non è detto che si dovrà rimettere nella luce ciò che voi avrete messo nelle tenebre per sottrarlo alla luce? (21.11.1894).
Non si deve mai fare il male nell’ombra, lo si deve fare in piena luce perché, se si fa il male nell’ombra e che un giorno si è nella luce, bisognerà che si lasci la luce per andare alla ricerca di ciò che si è messo nell’ombra (8.11.1894).
Se fai nelle tenebre qualche azione che dovrebbe essere fatta nella luce, dovrai andare a cercare quell’azione nelle tenebre per riportarla alla luce, perché tutto ciò che viene fatto alla luce non può stare tenebre (22.11.1900).
Quando, dopo aver commesso un errore, sentiamo dentro di noi come un rimprovero, un senso di fastidio, d’inquietudine, è lo spirito che cerca la verità, o piuttosto la luce che penetra nelle tenebre, e se vi è resistenza, c’è dolore.
Il rimorso è un inizio della conoscenza che lo spirito ha di ciò che è (aprile 1897).
I pensieri
Nel cuore è il pensiero, nel cervello il riflesso del pensiero. Il pensiero è distinto dal ragionamento, il pensiero è una penetrazione diretta nella luce.
Tutto nella natura è legato. I nostri pensieri si ripercuotono tutti e vanno agli esseri ai quali noi pensiamo, a qualunque distanza, nel bene come nel male. Da ciò deriva che abbiamo delle gioie o delle debolezze che non possiamo spiegarci.
Quando il pensiero va da qualche parte, lascia una traccia sulla sua strada.
I più piccoli dei nostri pensieri sono segnati ed è dato a qualcuno dei figli di Dio di conoscerli (10.9.1893).
Dobbiamo lottare con il nostro pensiero, e se ci vengono dei cattivi pensieri su qualcuno non ci dobbiamo soffermare su di essi con compiacimento (6.3.1902).
Quando un cattivo pensiero assale il nostro cervello, sforziamoci di soffocarlo, per impedirgli di svilupparsi. Non si sa, almeno non si può sapere, fin dove può andare quel pensiero se lasciamo quel seme cattivo germogliare nel nostro cuore. Dio tiene conto della buona volontà che noi mettiamo per fare il bene.
Dio ci impedisce di cercare di penetrare nel pensiero del nostro prossimo, a causa della nostra natura sovversiva portata più al male che al bene. Egli ha voluto che noi possiamo trasmettere i nostri pensieri, ma la conoscenza diretta di quelli altrui non ci sarà data che quando sapremo servircene per il bene.
L’uomo, col tempo, arriverà a conoscere il pensiero dei suoi simili e potrà persino comunicare con spiriti più elevati di lui, ciò che è molto difficile (10.5.1896).
Le parole
Nulla è creato dall’uomo; il linguaggio, come il resto, era in principio ed è stato creato contemporaneamente al resto. Il verbo umano è dello stesso ordine della musica; vi sono esseri che non parlano che cantando.
Poiché le parole che escono dalla nostra bocca hanno la vita, non dobbiamo dire parole inutili, perché esse sono contate (13.2.1897).
L’uomo è responsabile delle sue parole, anche se non sa ciò che dice, e più tardi quelle parole inutili saranno per lui degli ostacoli (11.2.1902).
Le parole inutili daranno origine a delle distrazioni quando più tardi vorremo essere attenti.
Non si può insegnare che ciò che si sa. Si ha la responsabilità persino del tempo che si fa perdere a quelli che ci ascoltano.
Una volta gli uomini erano più decisi nelle loro parole. Mantenevano le loro promesse e una parola data era cosa fatta. Era meglio, ma erano anche più egoisti. Oggi gli uomini hanno di più il sentimento della fraternità; essi differiscono nella luce che ricevono, ma per contro sono meno di parola.
Gli scritti
Le nostre idee hanno qualcosa di vivo, e tutte le idee inutili saranno più tardi degli impedimenti (29.1.1902).
La responsabilità dei nostri scritti resta finché durano.
Coloro che, scrivendo dei libri, hanno fatto il male e hanno peccato contro lo Spirito, saranno molto puniti. Ma anche il tipografo, anche il commerciante della carta, anche i caratteri che sono serviti a stampare quei libri saranno puniti, poiché davanti al Tribunale supremo l’ignoranza non è una scusa. Se quegli esseri avessero pregato perché nessun male inconscio uscisse da loro, non sarebbero stati impiegati a quello scopo e avrebbero così evitato la colpa e la sua punizione.
Quando si leggono dei libri, per quanto sapienti siano, vi si attinge allo stesso tempo il vero e il falso e si progredisce simultaneamente nell’uno e nell’altro; tutto si sviluppa, m, poiché il bene vince sempre, alla fine rimane il solo.
I buoni scritti sono quelli che insegnano la pazienza.
I segreti
Le società segrete non valgono nulla. Non hanno mai fatto del bene che a loro stesse. Arrivano tutte al dispotismo. Non deve essere così. Siamo tutti fratelli, dobbiamo aiutarci e non avere nulla di segreto, tutto deve essere alla luce. Non bisogna fare preferenze (23.4.1902).
Il segreto delle scoperte utili
Se il Cielo vi mette in possesso di un segreto, avete il diritto di farne uso per il bene altrui, anche se il possessore vivente avrebbe voluto vendervelo molto caro.
Non vi deve essere segreto. Un uomo che trova qualcosa e la conserva è colpevole, la natura lo punisce.
Il solo segreto devono essere le colpe del prossimo, per le quali il nostro cuore deve essere una tomba.
I tiepidi
Non bisogna vivere in disparte, ritirarsi dal mondo per non peccare.
Se tu hai un campo, lo ricopriresti forse di sabbia e di cenere perché nulla vi cresca e che tu non faccia la fatica di strappare le erbe cattive? No, il Cielo lo proibisce; ciò che vuole invece, è che ci si metta dei sandali ai piedi, che si prenda un bastone in mano, se si è deboli, o una spada se si è forti, e che si vada avanti. Ma che piuttosto si prenda una spada! Ah! vedete, dicendo questo, mi sento vibrare tutto!
Bisogna affrontare la tentazione e non essere tiepidi (11.2.1902).
Un tiepido è un essere che non fa né male e né bene (2.11.1902).
Immaginate due uomini, uno dei quali si ritiri quasi completamente dal mondo e dica: «Ah, sono solo, non mi resta che vivere tranquillo senza fare del male a nessuno, senza preoccuparmi di nulla». L’altro è nella lotta della vita, dove bisogna scegliere tra il male e il bene da fare. Pensa di fare il bene e qualche volta fa il male. Quale dei due è nel vero? L’ultimo, poiché l’altro rimane stazionario. Così, tiepido, viene ripudiato dal Cielo e dall’Inferno (10.4.1895).
L’uomo viene al mondo col bene e il male; sta a lui vedere da quale parte vuole andare. Ma in ogni caso, è meglio che vada verso il male piuttosto che restare quel che le Scritture chiamano tiepido, perché in tal caso sarà rigettato dal Cielo come inutile. Al contrario, se va verso il male, ne farà molto, diventerà forte, ciò che sarà per lui di grande aiuto quando ritornerà al bene. Perché bisognerà che vi ritorni. Non avendo Dio mercanteggiato sul tempo necessario, avrà allora più energia per portare a termine il suo compito (20.3.1895).
Il Cielo ama il cattivo perché lavora; anche lui pagherà. Certo che è meglio essere buoni, ma è meglio essere cattivi che essere tiepidi.
Occorre prima combattere Dio, poi essere vinto. Si diventa allora soldato e si combatte per Lui, poi capo, e libero dei propri atti; si ha allora il diritto di riposarsi, ma in genere si torna a combattere.
Una persona metà materialista e metà idealista è come una pianta che vive in serra; messa in un campo all’aperto essa perirà, vale a dire che la carne avrà sempre il sopravvento; la moralizzazione non riesce a farvi nulla (23.3.1895).
I filosofi nel senso tradizionale della parola sono degli uomini che si rinchiudono in sé, che vivono lontani dal mondo e che costruiscono per se stessi dei castelli e dei sistemi. Essi non fanno del male agli altri, almeno per il momento; non fanno del bene, ignorano la carità e giudicano; lasciano talvolta dei libri che sono nocivi per quelli che li leggono. Sono i tiepidi di cui parlano le Scritture e che attraversano la vita senza agire.
Chi non ha nemici non è che un tiepido, per il motivo che non ha mai fatto del bene, poiché facendo il bene non si raccoglie normalmente che ingratitudine, cosa di cui non bisogna preoccuparsi (25.3.1895).
Se le buone azioni non ci attirassero dei fastidi, sarebbero inutili.
Essere felici! Sì, lo so bene, tutti vogliono essere felici. Ma per esserlo bisogna chiedere le difficoltà e non lagnarsene mai. Perciò, quando pregate e dite: «Sia fatta la Tua volontà»voi dite ciò che non pensate, perché la volontà di Dio è che noi siamo messi alla prova (8.1.1894).
È stato scritto molto prima della Creazione: «Cerca l’avversità se vuoi la felicità, la lotta se vuoi la tranquillità» (29.11.1894).
L’inferno
Si può progredire nel male come nel bene, vale a dire ridiscendere invece di lottare per salire, ma nessun essere resta eternamente nelle tenebre, in ciò che voi chiamate l’inferno.
L’inferno è quaggiù, su questa Terra, di conseguenza si dovrebbe soffrire in continuazione. Se abbiamo qualche buon momento, dobbiamo ringraziare Dio e, durante quel tempo, siamo nel paradiso terrestre (18.11.1896).
Il Libro di Vita
Ogni atto meritorio è, come il resto, segnato sulla nostra fronte, e nessuno ha il diritto di giudicarci, poiché Dio stesso non giudica. Non credete voi che siamo venuti per vivere e non per morire? Non voglio dire che vivremo sempre su questa Terra, ma coloro che credono in Dio sono segnati sul Libro di Vita (26.2.1894).
Quando si crede che il proprio nome sia scritto nel Cielo, ci sono delle possibilità che non vi sia. E ciò nonostante è possibile sentire questo in sé, quando si è molto umili (10. 5.1904).
Le persone che, trovandosi in un luogo, credono di esservi già passate, sono degli esseri segnati nel Libro di Vita. Essi non devono più perdere la propria luce. È il loro spirito che ha visto in anticipo la strada che doveva seguire e ne ha conservato il ricordo.
Il Libro di Vita è chiuso, ma se qualcuno fa del bene, io l’aprirò per mettervi il suo nome (7.8.1900).
L’uomo non è nulla di per sé, finché non abbia acquistato la sua libertà (13.1.1897).
Egli può allora comandare al suo corpo e dare ordini a tutto l’universo. È posto alla destra del Cristo, a capo di una dimora, e può fare ciò che vuole; ma egli non farà che la volontà del Padre.
Ciò che fa l’uomo libero non è scritto, per questo egli può scrivere sul Libro di Vita. |