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Vita e parole di Maitre Philippe Il Vangelo di Maitre Philippe

Nulla può nascere qui, oppure nulla di ciò che noi piantiamo viene qui, se dall’altra parte questa cosa non esiste già. Noi piantiamo un albero se muore, è che il cliché dell’albero non c’era quando l’abbiamo piantato.
Tutto ciò che si fa, tutto ciò che accade, è stato creato dal principio. Ogni cosa è rappresentata da un’immagine dove si ferma, la cosa accade poi va più lontano, e la stessa cosa si riproduce, poiché esistono molte terre come la nostra. Un uomo che potesse andare veloce come la luce e che vivesse miliardi di secoli, non potrebbe arrivare a contarli, e, se si potesse andare veloci come la luce, si vedrebbero le stesse cose ripresentarsi. Così un uomo è su un prato, lavora dieci ore per falciarlo. Quelle dieci ore sono scritte dal principio quando esse sono passate qui, vanno più lontano, su una Terra simile alla nostra, dove ci sarà un uomo che falcerà un prato per lo stesso numero di ore (19.11.1894).
Si può dare a queste immagini il nome di cliché. Tutto esiste nell’ambiente allo stato fotografico. Quando un avvenimento deve prodursi, vengono, da tutta l’immensità, delle molecole per costituire un cliché. Alcune persone possono godere di un dono di percezione dei cliché. Costoro vedranno presentarsi, più o meno vivaci, quei cliché e, a seconda della loro vivacità, concluderanno che un tale avvenimento deve prodursi a tale epoca. I cliché sono vivi e possono essere evocati e resi sensibili alla nostra intelligenza (24.2.1902).
Per conoscere ciò che è accaduto, è stato concesso ad alcune anime di poter vedere indietro il quadro o cliché del passato è stato messo davanti ai loro occhi esse l’hanno riprodotto per allegoria. Come la Storia Sacra che, benché molto vera, pare inverosimile; ma ciò è messo alla portata delle intelligenze e non può essere assolutamente spiegato come è veramente (28.3.1895).
Abbiamo potuto darvi un’idea dei cliché della battaglia di Waterloo, come se quella memorabile giornata si fosse svolta alla vostra presenza e sotto i vostri occhi. Alcuni fra voi non hanno forse visto, e tutti perfettamente inteso? Vi ricordate delle grida, lo stridor di denti dei poveri feriti? Non avete forse sentito la polvere bruciata e visto il suo fumo? Tutti coloro che erano a quella seduta non hanno forse udito il rullare dei tamburi, i colpi di cannone e la fucileria? Voi mi domandate se i feriti soffrono ancora da quel tempo. In effetti, è vostro diritto; ma non devo andare così lontano. Sappiate che quaggiù, non più che sugli altri mondi o altre terre, tutto ha una vita e che la morte non è che apparente e non è in realtà che una metamorfosi. Il cliché di Waterloo non è morto; è stato fatto al principio e durerà sempre, modificandosi è vero, ma è vivo e non è stato creato solamente per noi, ma anche per altri popoli, altri mondi e altre terre. Quando la battaglia fu terminata, il cliché andò su un altro pianeta, dove un’altra guerra scoppiò, con gli stessi colpi di cannone. Le stesse armi fecero le stesse ferite. Si levarono le stesse grida di dolore (8.12.1902).
I cliché passano, agiscono e continuano la loro strada andando a determinare in altri pianeti delle azioni analoghe. Si può così richiamare un cliché e far rivivere un atto del passato. Tutto è cliché, e il cliché è la vita. I cliché sono esattamente a grandezza naturale.
Alcuni cliché possono circolare, viaggiare, incrociarsi, passare l’uno attraverso l’altro, senza vedersi, senza darsi fastidio; non sapete forse che vi sono diversi appartamenti nello stesso appartamento? Ma se vi succede di passeggiare in una vettura e incontrate il cliché di un incidente, la vostra vettura si rovescia. Se quel cliché incontra un treno, è un deragliamento; due tram, una collisione. Tutto dipende dal luogo dove ci si trova.
Il minimo fatto da compiere ci viene presentato sotto forma di cliché, che serve anche a molti altri esseri. Non potreste nemmeno parlare se il cliché delle vostre parole non si trovasse dietro la vostra testa.
A volte si parte con un’idea e la si perde per strada. Arrivati a destinazione, non si sa più ciò che si voleva fare. È che il cliché che vi aveva messi in movimento non vi ha seguiti. Allora, ritornando al punto iniziale e nelle condizioni in cui ci si trovava, si può spesso ritrovare il cliché che non se ne è ancora andato, e l’idea vi ritorna.
Qualunque essere davanti al cui cervello si presentano delle immagini non può, da solo, sottrarsi all’obbligo di pensare e di agire, mentre colui per il quale queste immagini sono come sospese, è incapace di qualsiasi azione, anche di pensare.
Ecco come una buona veggente può dirvi che una casa verrà costruita lì o altrove. E’ che il cliché è già lì che aspetta per unirsi allo spirito di un architetto che sarà capace di coglierlo. L’architetto sarà fiero dell’idea che si attribuirà, senza sapere che egli non è altro che uno strumento (24.2.1902).
L’uomo non crea nulla, trova o ritrova. Un inventore è colui che ritrova un’idea; un altro può cercare durante tutta la sua vita e non trovare nulla; ma il suo lavoro non è stato perduto, né per lui né per l’umanità e, se un altro incontra per caso l’idea che egli cercava da così lungo tempo, ciò può dipendere dal fatto che precedentemente quell’essere aveva lui stesso preso l’idea o l’invenzione di un altro lavoratore sconosciuto.
Non si può immaginare nulla e fare nulla senza la volontà di Dio. Tutto è cliché. Quale che sia la posizione dell’anima, essa subisce l’impressione di questi cliché, sia di fronte, sia dilato, sia di dietro; e, con la loro impressione sui centri nervosi della testa, noi pensiamo ed agiamo.
Tutto ciò che accade è cliché. Esso si presenta e subito tutto contribuisce a riprodurlo materialmente. L’uomo che fosse al corrente della sua esistenza potrebbe farlo venire, riallontanarlo, anticiparlo o ritardarlo, e in tal modo, contrariandolo, sopprimerebbe o diminuirebbe delle sfortune (24.4.1898).
Le fibre che sono nel nostro cervello, e che sono incrociate, hanno il ruolo di lente. Allo stesso modo in ogni cellula vi è una lente che permette alla luce del cliché di essere ricevuta e fissata. Questo è un segreto che la fisiologia non conosce. Man mano che l’uomo lavora ed evolve, i suoi organi si perfezionano e diventano atti a recepire dei cliché sempre più perfetti. È così che un uomo nelle mani del quale si metterà del vetro fuso non farà una caraffa perfetta, come quella di cui gli presentano il modello ma quando avrà lavorato abbastanza, i suoi organi diventeranno capaci di recepire il cliché di quella caraffa, e la materia, che obbedisce sempre, si organizzerà per diventare quella caraffa, forse persino perfezionata. È certo che chi ha il diritto di comandare ai cliché non ha bisogno di questo. Anche senza vetro, anche in un ambiente dove gli elementi sono contrari al suo lavoro (dove il vetro non fonderebbe), egli ordinerà, e la caraffa sarà fatta. Ma ciò non è sulla strada di tutti gli uomini e ve ne sono molto pochi che possano farlo.
Un cliché è intelligente. Il pensiero è dappertutto ma un cliché non sente la voce dell’uomo, perché l’uomo non è nello stesso suo appartamento. Un cliché non si ferma mai. Viene dietro la testa di un individuo, in prossimità del suo cervelletto,una prima volta, e l’uomo cerca, è inquieto spesso non trova. Il cliché allora se ne va, e viene il cliché dello sconforto. Se l’uomo lo respinge, il cliché iniziale ritorna, e l’uomo trova. A volte occorrono diverse esistenze per questo. Ho visto una sola volta un cliché fermarsi è rimasto circa tre quarti d’ora accanto a un individuo, poiché occorreva che l’essere che figurava in quel cliché, un assassino, subisse ancora la pena di assistere alle parole pronunciate dall’uomo. Ma sarà permesso ad alcuni di entrare nel mondo in cui la loro voce verrà ascoltata dai cliché. Per questo occorre del tempo e amore del prossimo, e ciò si riassume in queste parole: il Cielo chiede soltanto che si abbia fiducia in Lui. Se ci viene concesso di vederli e udirli, bisogna pagare, e pagare più di quanto si possa.
Se lo spirito e il cervello avessero contemporaneamente il cliché, si troverebbero nello stesso appartamento, e questo non è. Se ciò fosse, saremmo obbligati ad agire mentre pensiamo. La riflessione non esisterebbe. L’intuizione appartiene alla stessa sfera dello spirito e nel suo stesso appartamento, la riflessione appartiene alla sfera del cervello.
Il cliché s’imprime all’inizio sugli esseri che sono in noi essi hanno l’intenzione di agire, e credendosi liberi pensano di aver preso una decisione volontaria; cominciano persino ad agire prima che noi stessi abbiamo l’intenzione di agire e che l’atto si produca. Possono persino aver già agito due o tre giorni prima che noi agiamo.
Avviene lo stesso per tutte le azioni della nostra esistenza. Ci viene in mente di fare del male: è un’immagine, un cliché piuttosto, che si ferma dietro il nostro cervelletto. Se lottiamo contro questa idea e non commettiamo la cattiva azione, il cliché s’allontana da noi e va a cercare più lontano un’altra persona. Ma, poiché noi abbiamo lottato contro di lui, ha perso la sua forza, è già meno forte nel momento in cui si presenta all’altra persona, e se questa fa la stessa cosa, e così di seguito, il male si trasforma e diventa bene. Vedete dunque come faremmo del bene se lottassimo contro il male che ci si presenta (19.11.1894).
Se l’uomo non è sicuro di fare il bene in una data circostanza e si astiene dall’agire, ha ragione, e il cliché s’allontana. Ma, se crede che farebbe bene e non lo fa, ha torto.
Un cliché si presenta a voi. Avete creduto che fosse del male e l’avete respinto. Ora quello non era il male. Si presenta una seconda volta con maggiore intensità. Voi resistete ancora. Lo stesso una terza volta. Fate bene attenzione, poiché, se lo respingete, non ritornerà più, e quando più tardi voi lo desidererete, non potrete più averlo.
L’uomo è libero di accettare o di rifiutare un cliché. Ma questa libertà è relativa, e il risultato finale è sempre quello. Se rifiuta il cliché del male, subirà lo stesso la sofferenza, come se l’avesse accettato. Non è la vera libertà. È libero solo colui che può fare tutto ciò che vuole senza rendere conto a nessuno.
Ciò nonostante la ricompensa del lavoro fatto con questa libertà molto relativa è grande. Dio ci dà così generosamente per questo piccolo sforzo, che invece di rivoltarci dovremmo essere confusi per la riconoscenza.
Tutto è ed è stato; quanto a quello che sarà, non è del tutto così, o piuttosto non sarà sempre nello stesso luogo.
Tutti devono subire i cliché, eccetto gli esseri liberi.

Tutto è scritto e ciò nonostante tutto può essere modificato ma, per ottenere un cambiamento, occorre che sia utile.
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