M. Philippe raggruppava ogni giorno alle riunioni i malati che venivano a trovarlo e i suoi fedeli uditori. Per poter tenere delle riunioni, bisogna vivere nello stesso tempo sull’altro piano (12.5.1901). Un partecipante domandò un giorno a M. Philippe perché si desse la pena di dire e di fare cose tanto belle per un uditorio così mediocre. Voi non siete tenuti a credere alle cose di cui vi parlo, ma ciò che voi siete tenuti a credere e a fare, è di amare i vostri simili. Queste parole sono state scritte prima dell’inizio del mondo. Spesso voi dite: «Andiamo là, ci diranno delle belle cose». Non so se sono belle, ma ciò che affermo è che, pena l’essere nelle tenebre, siete tenuti a metterle in pratica, altrimenti è inutile venire a sentirle (2.11.1894). Ecco ciò che dobbiamo credere per essere nella via della Luce: tutto ciò che è scritto nel Vangelo. Poi, qualunque cosa ci viene detta qui e che possa sembrarci straordinaria, non dobbiamo dubitare, neppure avere un sorriso ironico, perché tutto può avvenire non vi è nulla d’impossibile a Dio. Dobbiamo anche credere che siamo tutti fratelli, che abbiamo tutti lo stesso Padre e lo stesso Maestro (10.10.1895). Pochi di quelli che sono venuti qui non sono segnati sul Libro di Vita. Dalla prima volta che voi venite, sentite dopo una riunione che siete più forti. Ebbene, la vostra anima, a vostra insaputa, ha ricevuto un raggio di Luce che essa cerca sempre di seguire. E i vostri ascendenti come i vostri discendenti sono anch’essi iscritti sul Libro di Vita, ve lo prometto (2.5.1895). Coloro che sono stati alle riunioni partecipano ai loro effetti pure quando ne sono lontani. La morte non sarà per essi che una formalità: un angelo verrà a coprir loro il viso e li condurrà. Ci si prenderà cura di loro nella tomba. Voi domandate la mia protezione ma io non posso proteggere nessuno più di quanto possiate voi. Venite qui e siete confortati. Gli uni vengono per malattie, gli altri per pene morali, ma tutti voi chiedete conforto. Restate per qualche ora con dei buoni sentimenti, con lo Spirito volto al bene (26.5.1903). Qualche volta vi dite: «Non andiamo là» e malgrado tutto siete spinti a venirvi. Sono i vostri angeli custodi che vi spingono. E non trovate che uscendo di qui siete sollevati, che vi sentite più forti? (27.11.1894). Voi sarete tutti un po’ riconfortati, ma dovete promettermi di essere buoni. Sapete cosa bisogna fare per questo? Semplicemente non dire male del prossimo. Sì, vi permetto di dirlo, ma solo in sua presenza! (12.7.1897). Tutto ciò che vi ho detto e che vi dico, io l’ho provato, perché Colui che mi ha mandato mi ha dato il potere di presentarvi delle prove. Vi è forse qualcuno che possa dire che non ho provato tutto ciò che ho detto? Gli risposero: «Maestro, avete provato tutto ciò che avete detto» (2.12.1902). Il male che è guarito senza che i peccati siano perdonati, non è che rimandato. Qui noi guariamo perdonando i peccati e il male conta come se fosse stato sofferto. È per vostra soddisfazione personale che vi lasciamo dire ciò che avete, perché lo sappiamo. È esattamente come quando dite lo stato della vostra mano: non avete bisogno di guardarla, è vostra e voi la conoscete. Ma, lo ripeto, per vostra soddisfazione ascoltiamo ciò che ci dite, perché un malato è sempre riconfortato nel parlare al suo medico, ma a casa vostra sareste ugualmente consolati se lo chiedeste a Dio con fiducia. E quando vi facciamo alzare, è perché vi raccogliate e domandiate un po’ di conforto se il fardello è troppo pesante. Ricevete allora un po’ di quel pane dell’anima che vi aiuta a sopportare quelle pene (12.7.1897). Non faccio nulla da me solo per guarirvi, mi rivolgo al Maestro che è Dio. Non siete sempre stati consolati? C’è qualche persona che non lo sia stata? Voi avete visto qui delle cose soprannaturali, dei miracoli. Per le esperienze che si faranno da oggi in poi, vi farò pagar caro. Oh, so bene che siete sempre disposti! Ma non è quello il pagamento di cui ho bisogno. Per le persone che vengono per la prima volta, io domando loro di fare degli sforzi per amare il loro prossimo come se stessi. Per quelli che sono già venuti, io domando loro di amare il loro prossimo come se stessi, e quelli che non potranno farmi questa promessa non potranno restare in questa sala (in caso di esperienze). Occorre anche che tutte le persone che hanno un processo in corso mi promettano di sospendere ogni procedimento perché, ve lo dico, se non siete d’accordo in questo mondo, sarà molto difficile mettervici nell’altro (7.1.1894). Io non posso nulla, non faccio che domandare a Dio, e voi non potete provare sollievo in questa sala, sia per le malattie, sia per alleggerire il fardello che grava pesantemente su questo triste mondo, che se avete fatto qualcosa per il Cielo. Colui che non ha fatto opere meritorie non ha niente da attendere, così come non può essere ascoltato (19.2.1894). Dal fondo del cuore domando al Cielo di inviarvi tante avversità per quante potete sopportarne, e a me quarantamila volte più che a voi. A uno degli astanti: «Tu hai negato Dio. Ti perdono». A un altro: «Tu hai detto: Se io fossi Dio, avrei fatto le cose diversamente». Il Cielo ti perdona. Ecco una signora che era molto malata. Le ho chiesto di calmare uno dei suoi parenti che aveva un processo in corso, perché il processo non avesse luogo bisogna essere pacifici. Ella ha fatto tutti i suoi sforzi e può chiedere una grazia che le sarà accordata. Se mi permetto di parlare così, è per mostrare che una buona azione non è mai perduta (26.2.1894). Quando avrete dei dolori, che il vostro pensiero si diriga verso di me, chiederò a Dio per Voi (3.7.1894). Diciannove secoli fa, Gesù guariva i malati dicendo loro: «Andate, e non peccate più!». E qualcuno tornava alcuni giorni dopo, più malato ancora. Oggi, quando accordiamo sollievo, domandiamo solo di fare il bene. C’è qualcuno che abbia mantenuto la sua promessa? Neanche una persona di questa sala ha evitato di dire male del suo prossimo, pensando: “Mah, è così poca cosa!”. Ciò può fare molto male (16.11.1893). Oggi bisogna che mi facciate la promessa di fare tutti i vostri sforzi per il bene e non dir male di alcuno. Ed ora, visto che tutti lo avete promesso, a mia volta chiederò per tutti la pace del cuore, la calma e la forza nei dolori, e voi l’avrete (10.9.1893). A partire da venerdì sarà chiesto molto alle persone che vengono qui. Da più tempo vengono, più sarà loro domandato. Perché bisogna essere ricchi di spirito per andare in Cielo, e non idioti o grandi sapienti (15.1.1895). Fino ad oggi vi ho chiesto tutti i vostri sforzi per non dire male di nessuno, per amare il vostro prossimo come voi stessi. Ora vi domando non soltanto di fare degli sforzi, ma di amare il vostro prossimo come voi stessi e di non dirne male. Allora molte cose vi saranno svelate e per le esperienze che il Cielo ha permesso di vedere qui, si può ben fare qualcosa. Quelli che sono qui, ne sono lieto, hanno l’intelligenza, ma quelli fra voi che potessero mancarne, l’avranno a partire da oggi (21.9.1893). Ricordatevi bene la data del 30 agosto 1900, perché il mio amico vi arruola tutti da oggi per essere suoi soldati, e nessuno entrerà in paradiso senza aver vinto il nemico. Sapete dov’è il nemico? In noi. Oh, so bene, quando chiedete a Dio la guarigione di qualcuno, avete abbastanza fiducia al momento. Ma ottenuta la guarigione, dite: «Oh, doveva accadere così». E un’altra volta, quando domandate, non ottenete nulla, il Cielo non vi ascolta. Non siate orgogliosi, non siate pieni di voi stessi, osservate i comandamenti di Dio, non facendo che ciò che vorreste fosse fatto a voi, e otterrete sempre l’aiuto. Ricordatevi ciò che vi ho appena detto e, quand’anche non aveste fatto nulla di ciò, ma ve ne ricordate, io sarò là all’ora della vostra morte (3.12. 1896). Alla riunione del lunedì 27 novembre 1893, un signore che soffriva agli occhi ringraziò M. Philippe per il miglioramento del suo stato. Questi rispose: «Non bisogna ringraziare me, io non ho fatto nulla». «Allora, chi bisogna ringraziare?» «Il Cielo». « Ma siete voi che lo rappresentate per me!». M. Philippe ripeté: «Io non ho fatto altro che chiedere per voi». E aggiunse per l’uditorio: «Sapete perché quest’uomo non diventerà cieco? Ci fu un tempo in cui, senza essere molto generoso, pure egli fece qualcosa di buono, e questo qualcosa gli attira la protezione di Dio. Ecco perché vi dico: «Fate tutto quello che potete, perché se nella vostra contabilità non avete molto dalla parte dell’avere, non troverete nulla della parte del dare, perché sarà preso a colui che non ha nulla per rimettere a colui che ha già. A chi ha molto sarà dato ancor più. È molto semplice. Non so se comprendete. Ecco là una bimba (si trattava di una fanciulla) che era molto malata e che sta assai meglio per questo mi ha fatto una promessa». Un contadino aveva la moglie malata e assisteva alla riunione. Quando il Maestro fu di fronte a lui gli disse: «È la prima volta che vieni qui?». «Sì, signore». «È per tua moglie che vieni qui?». «Sì, signore». «È molto malata, tua moglie, e ti costerà caro, sai, ottenere la sua guarigione!». «Signore, pagherò quello che ci vorrà». «Non sono i soldi che voglio, è molto di più. Vuoi che tua moglie guarisca?». «Sì, signore». «Tu hai un vicino contro il quale hai una causa in questo momento». «Sì signore», rispose il contadino sempre più sorpreso. «Perché tua moglie guarisca, bisogna che, arrivando, tu vada verso il tuo vicino e gli dica: “Se tu hai bisogno di un pezzo del mio terreno, te lo cedo. Non voglio essere in causa contro di te. Siamo amici!”». «Ma se io gli dico così, lui ricomincerà a darmi fastidio da un’altra parte». «Non importa. Vuoi che tua moglie guarisca?». Dopo qualche istante di esitazione, il contadino rispose, con voce ferma: «Sì, signore». «Mi prometti di fare la pace col tuo vicino e di dirgli come ti ho detto?». «Sì, signore». Il Maestro aggiunse: «Quando arriverai a casa, tua moglie sarà alzata, perché è guarita in questo stesso istante. Se quello che ti dico non è vero, tornerai qui e dirai davanti a tutti che tua moglie non è guarita (24.3.1903). Una donna portò un giorno la figlia di un vedovo che si comportava male, e di cui doveva occuparsi. Dichiarò che era un peso e che non poteva tenerla. M. Philippe domandò chi avrebbe voluto prendersi cura di quella bimba. Una donna malata e senza lavoro si offrì. Il Maestro, commosso da tanta abnegazione, disse: «Voi ne sarete la madre ed io il padre, e la felicità sarà nella vostra casa» (27.12.1894). Una persona che s’era volontariamente allontanata dal Maestro, era tornata malata d’una erisipela interna. Questa avrebbe potuto diventare molto grave e arrivare alla faringe e al petto. Un giorno, alla fine di una riunione in cui c’erano tante persone, M. Philippe disse: «Vi farò adesso un dono d’un valore inestimabile. Dio vi perdona tutto il male che avete fatto nel vostro passato, fino ad ora». A queste parole si sentirono i singhiozzi soffocati d’un signore seduto proprio vicino a M. Philippe, mentre il Maestro proseguiva: «Spero che a partire da adesso farete tutti molti sforzi per divenire migliori». Si udì un «Sì» generale. All’uscita, che fu più silenziosa del normale, mi trovai a fianco del signore che aveva singhiozzato. Mi confidò: «Ciò che mi è accaduto, nessuno lo sa. Abito molto lontano da qui e da mesi preparavo il mio viaggio a Lione per chiedere a M. Philippe il perdono di tutto il mio passato. Ma, arrivato in questa sala, mi è stato impossibile fare la mia richiesta. Non ho potuto alzarmi quando il Maestro è passato davanti a me. Ero disperato all’idea di ripartire senza aver potuto confessargli il mio desiderio ardente di essere lavato di tutto il mio passato. Ma quando l’ho sentito, proprio vicino a me, cancellare il passato di tutti e accordarmi così quello che è stata la ragione e lo scopo del mio viaggio, il mio cuore s’è spezzato per la gratitudine e l’amore». |